Tutto è ricominciato e la svolta epocale è in atto. Per agire nel presente guardando ai prossimi 30 anni, credo sia importante non dimenticare gli anni di pandemia appena trascorsi.
Se è vero che molto si gioca all’interno del singolo individuo, dallo scoppio dell’emergenza a oggi è successo qualcosa dentro di noi che ha aperto scenari nuovi, nel bene o nel male, di cui vale la pena tener traccia.
Sullo sfondo di una trasformazione personale e del mondo intero, per me c’è l’impegno con la Cattedra Transdisciplinare UNESCO in Sviluppo Umano e Cultura di Pace, che mi vede a lavoro su un progetto di ricerca incentrato su transdisciplinarietà, imprese e sostenibilità sociale.
Lo studio: è stato lui a salvarmi, nella mia quarantena in solitaria.


Fase 1: Andrà tutto bene, ma intanto non sembra
Nel 2020 venivo da un gennaio pieno di cose da fare. Tutte interrotte il 1 febbraio, quando un incidente in scooter mi ha costretta a casa, con il gesso alla caviglia. Nulla di grave, ma la mia quarantena è iniziata lì. Il 4 marzo mi sono tolta le stampelle ed ero di nuovo pronta a conquistare il mondo. 8 marzo: inizio del lockdown. Insofferente, come un leone in gabbia, eppure tutto, fuori e dentro di me, mi diceva di fermarmi. Le complicazioni sorte alla gamba, la macchina che all’improvviso non partiva più, i viaggi al Pronto Soccorso per motivi familiari, in piena emergenza, quando gli infermieri erano disperati e nei corridoi si respirava solo ansia e desolazione. Indossavo la mascherina e procedevo verso l’ignoto. Non dimenticherò mai quelle visite “al fronte”. La metafora della guerra i primi tempi di lockdown sembrava azzeccata e la gente esorcizzava cantando sui balconi. Mi svegliavo al mattino guardando lo smartphone, la mia finestra sul mondo. Fortunatamente, non la sola.


Camminando con l’Apocalisse
Scelsi di occupare il tempo con attività utili a sviluppare le mie potenzialità: camminare, meditare, studiare (e, quando ero sufficientemente in buona, persino cucinare). Quando il gioco si fa duro, possiamo scegliere tra l’autodistruzione o… no. Possiamo decidere di andare avanti, facendoci forza con ciò che abbiamo in quel preciso momento. Mettendo l’attenzione in ciò che di buono esiste. La seconda opzione è più faticosa, forse, ma è quella che ci permette di scoprire “nuovi habitat sociali, imprenditoriali, vitali”. Tutto dipende da dove decidiamo di mettere la nostra attenzione: è lì che procede la nostra energia, come sostiene Otto Scharmer, l’ideatore della Teoria U.
Tutto è nelle nostre mani, dipende solo dalle nostre scelte.
L’intelligenza del cuore
Alla base della vision che ho per lamia attività c’è un’intuizione nata dopo un percorso con la Teoria U di Otto Scharmer, che indica il cuore proprio come il fulcro di una tipologia di intelligenza importante, sottovalutata in Occidente.
“Le imprese con cui collaboro capiscono che ci vuole una comunicazione con un’anima, ma anche un’attenzione al proprio modo di lavorare, per migliorarsi continuamente. Partecipano al cambiamento volentieri. Non di rado coniugano il business con l’attenzione al sociale e vedono nella sostenibilità la chiave per un futuro migliore”.
Se vogliono far fronte alle sfide della contemporaneità, le persone all’interno delle organizzazioni devono sviluppare competenze personali, sociali e metodologiche del tutto nuove.
Imprese e sostenibilità sociale: il mio progetto di ricerca con la Cattedra Transdisciplinare UNESCO
Da qui, l’idea per il mio progetto di ricerca di fare focus su impresa e sostenibilità sociale con la lente della Transdisciplinarietà, l’approccio scientifico ed intellettuale della Cattedra.
Elaborata da nomi come Edgar Morin o Basarab Nicolescu, la Transdisciplinarietà mira alla piena comprensione della complessità del mondo. La fisica quantistica ci ha dimostrato che abbiamo bisogno di ripensare le tesi della scienza classica, come l’ipotesi che il mondo materiale sia l’unico mondo “reale” e l’idea che la scienza possa svilupparsi indipendentemente da altre fonti di conoscenza quali la teologia, la filosofia, le arti e la cultura.
Secondo l’approccio transdisciplinare, infatti, sono diverse le vie che portano alla conoscenza e non esiste gerarchia fra esse. Al contrario, queste sono complementari e afferiscono a diversi livelli di realtà, tutti da esplorare. Con la Transdisciplinarietà corriamo sul filo di nuovi paradigmi e poter seguire da vicino le tracce di grandi sociologi, filosofi e fisici contemporanei è per me un onore.
È stata questa eccitazione per la ricerca a tenermi vitale, in quarantena. Ho passato 2 mesi ad approfondire concetti transdisciplinari, di comunicazione e di Teoria U. A farli dialogare, per scoprire relazioni inaspettate e sinergie inedite. Ore ed ore immersa nel flusso, concetto caro alla Teoria U.
Un bagaglio di conoscenze complesso? Può darsi, ma per me non è pesante.
Infatti lo porto con me sempre, quando sono a lavoro per i miei clienti, che siano aziende o professionisti: ogni volta che intervengo per migliorare la comunicazione interna ed esterna; ogni istante che dedico a farli diventare consapevoli del proprio valore, tenendo testa a quello che richiede il futuro.


Fase 2 – Un girone di schiaffi
Sbem! Fase 2. Senza avere il tempo di accorgermene, nella fase 2 della pandemia nel 2020 mi ritrovai a macinare di nuovo chilometri fuori dalla mia zona protetta. La quotidianità ripartì con una frenesia tale che mi spiazzò. All’improvviso, le mie giornate di camminate, studio e meditazione furono invase da stimoli di ogni genere. Non ero preparata ad avere di nuovo la mente sotto pressione, e infatti non dormii per molte notti. A parte la “sindrome della capanna”, rivedere i congiunti fu epico. Mi sono accorta di avere molto amore intorno a me, tanto da rendere la gratitudine una necessità. Non che sia diventata un asceta, sia chiaro. Però le crepe che avevo nell’anima, a questo giro mi avevano illuminata da dentro.


Fase 3 – Asociale consapevole
Per finire: Perù e Messico. Due straordinari viaggi di lavoro che avrei dovuto fare, a luglio e a ottobre 2020. Il primo, per un progetto di facilitazione, il secondo per intervenire con la Cattedra al Terzo Congresso Mondiale sulla Transdisciplinarietà. Li aspettavo con trepidazione, non vedevo l’ora (eh beh). Ovviamente, annullati entrambi. Peccato, certo, ma alla fine, diciamocela tutta: sarà che sono diventata asociale, ma io sto bene anche a casa e nella natura. È già un dono avere la salute; ai viaggi nel mondo ci penseremo nel momento opportuno.
Ci sono viaggi interiori, poi, che possiamo fare in qualunque momento, e che possono produrre storie sempre nuove e cariche di significato. Storie capaci di lubrificare i meccanismi del mondo. Importantissime, in quest’epoca così delicata.